Il progresso medico e tecnologico degli ultimi secoli ha permesso un allungamento della vita media della popolazione mondiale. L’Italia è al sesto posto nel mondo per la longevità.
La crescita della durata della vita è diffusa ovunque nel nostro Paese, raggiungendo ad oggi un valore medio di 87 anni. Con l’avanzare dell’età, limitazioni più o meno gravi che, fanno parte del normale processo di invecchiamento, vanno a modificare non solo l’aspetto fisico (ad esempio la mobilità), ma anche il funzionamento cognitivo (memoria, linguaggio, attenzione, orientamento, ecc…) ed emotivo-comportamentale della persona.
I disturbi del tono dell’umore (depressione, apatia) e il decadimento cognitivo rappresentano le due espressioni psicopatologiche più frequenti nell’anziano.
Molte persone credono che la demenza senile sia la conseguenza normale dell’invecchiamento, in realtà si tratta di una malattia che colpisce il cervello e determina un declino cognitivo in una o più funzioni (memoria, attenzione, linguaggio).
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“Demenza”: condizione di deterioramento globale e progressivo della sfera cognitiva (memoria, attenzione, linguaggio, capacità di orientamento) che pregiudica il mantenimento di una vita autonoma. La demenza interferisce con la capacità della persona di funzionare in situazioni sociali, di gestire attività quotidiane di riconoscere il mondo esterno e muoversi al suo interno.
È una malattia progressiva. Non è un normale processo di invecchiamento.
La demenza è una sindrome ossia un insieme di sintomi. Ai sintomi che riguardano la sfera cognitiva si accompagnano di solito alterazioni della personalità e del comportamento, modificazioni del tono dell’umore o sintomi psicopatologici, che possono mutare lungo il decorso della malattia.
La diagnosi di demenza risulta difficile a causa dell’andamento lento e insidioso con cui la malattia progredisce; spesso passano degli anni prima che i familiari decidano di rivolgersi ad un medico specialista.
Si possono distinguere:
La malattia di Alzheimer rappresenta la forma di demenza degenerativa più frequente (50% dei casi).
Tutti i tipi di demenza hanno un elemento comune: attaccano il sistema nervoso centrale mediante l’interferenza con la comunicazione tra cellule neuronali e mediante la morte delle cellule stesse causando un progressivo declino dell’efficienza cerebrale.
La malattia colpisce ognuna di queste funzioni: memoria, linguaggio, astrazione, organizzazione, ragionamento, percezione, attenzione, giudizio; tuttavia le perdite si manifestano in ogni individuo in modo peculiare e con livelli diversi di gravità. Anche la reazione a tali perdite sarà individuale.
Tali perdite determinano un cambiamento radicale della persona:
‐ le cose che pensava e faceva in passato diventeranno traguardi impossibili da raggiungere
‐ Il carattere potrebbe cambiare
La progressione della malattia determina nel paziente una maggiore confusione ed un minore controllo circa il suo comportamento. Questo non significa che il comportamento del paziente sia casuale o insensato; ogni comportamento ha un significato in quanto reazione o risposta a bisogni, impulsi, emozioni, desideri.
La confusione è un aspetto centrale nella demenza. Il paziente non è più in grado di gestire le informazioni che riceve e diventa confuso. La reazione può essere dovuta a una situazione che provoca nel malato confusione, agitazione, senso di incapacità.
La confusione provoca disagio, sconforto, paura e dunque ha un effetto sul comportamento: chiusura, impulsività, agitazione e aggressività.
Quando parliamo di funzioni cognitive intendiamo tutte quelle funzioni che ci consentono di raccogliere informazioni, apprenderle, valutarle e utilizzarle per agire nel mondo attraverso un comportamento e linguaggio appropriati.
Tutte queste funzioni sono importanti perché ci consentono di modulare il nostro comportamento in base alle condizioni ambientali o di modificare tali condizioni e rispondere ai nostri bisogni. La demenza compromette la capacità della persona di adattarsi ai cambiamenti ambientali. Decidere, ad esempio quale maglia indossare la mattina, comporta la capacità di riconoscere se fa caldo o fa freddo, sapere dove si trovano le maglie in camera, differenziare tra lana e cotone, organizzare i movimenti per indossarla.
Le attività di stimolazione cognitiva mirano ad attivare le capacità ancora presenti, coinvolgendo l’anziano in modo piacevole e rinforzante. Per questo occorre possedere un’adeguata conoscenza del livello funzionale delle persone che vogliamo coinvolgere.
Una valutazione cognitiva, emotiva e comportamentale è fondamentale per pianificare un programma di stimolazione cognitiva.
La valutazione neuropsicologica è un esame fondamentale per diverse ragioni:
La stimolazione cognitiva è un intervento che mira al benessere della persona incrementandone il coinvolgimento in attività che coinvolgono le capacità residue e il rallentamento del declino dovuto alla patologia.
Gli obiettivi della stimolazione cognitiva consistono nel:
Se la valutazione evidenzia la presenza di sintomi psico-comportamentali possono essere utili interventi che favoriscano la distensione fisica e mentale attraverso il rilassamento muscolare.
MALATTIA DI ALZHEIMER: LA PREVENZIONE È POSSIBILE!
Ci sono diverse ricerche che dimostrano che circa un terzo dei casi di malattia di Alzheimer può essere attribuito a fattori di rischio. Si può intervenire per ridurre i fattori di rischio modificando il proprio stile di vita.
Il caregiver è il familiare o “colui che si prende cura” della persona.
Sappiamo che la patologia attraversa fasi distinte con disturbi che variano da persona a persona anche con il passare del tempo. In ogni caso, è una condizione di intenso stress che si protrae mettendo a dura prova la resistenza di chi si prende cura del malato e della sua famiglia.
Dunque, il sostegno diventa un intervento essenziale al fine di consentire la buona tenuta del sistema famigliare come luogo privilegiato di cura.
Il sostegno è indirizzato a promuovere processi cognitivi, emotivi e comportamentali che facilitino la gestione adeguata della situazione stressante. Il lavoro consiste nell’implementare le capacità dei caregivers di attivare le risorse interne (aspettative, convinzioni) e quelle sociali (ad es. rete di supporto).
La valutazione neuropsicologica e la stimolazione cognitiva, unita ad attività di counseling per il caregiver, si pone l’obiettivo di aiutare le persone ad affrontare difficoltà apparentemente insormontabili, come gestire la quotidianità e le conseguenze della disabilità.
Se desideri puoi contattarmi all’indirizzo e-mail: info@mariannadimonte.it e valuteremo insieme un percorso personalizzato.
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